martedì 8 gennaio 2008

MARImortacci tua!

nuovo post di mari... marimortacci sua!;-)



eccomi di nuovo, mille auguri di Happy new year a chi non ho avuto modo disentire!che fico ricevere le vostre email di risposta, vi ho sentito vicini, e'statoimportantissimo per me! sto per tornare (purtroppo...) ma prima di essere fisicamente di nuovo inItalia volevo mandarvi da qua la seconda parte del viaggio. come sopra, seavete voglia di darci un'occhiata...vi mando un bacio grandissimo ci sentiamo dal 10 in poikissmarilu'Scottsdale, Phoenix. MERRY XMASNatale in Arizona… decisamente un’esperienza diversa. Abituata al freddo,alla pioggia, alla neve di Avezzano, il calore e la semplicita’ del desertomi confondono. Mi manca la mia famiglia e mi manca mia nonna, il mio verospirito del Natale. Il 24 mi prende una vaga tristezza, prestofortunatamente dissolta nella gentilezza dell’ospitalita’ Americana. La seraveniamo accolti con molto affetto in casa di Adrian e Starly, due cari amicidi mio zio. Inglese di Liverpool lui (never walk alone!), Americana mormonalei, sono sposati da anni dopo essersi conosciuti alle Hawaii, e da anni siamano con immensa dolcezza. Un po’ di questa complicita’ la regalanoanche a noi, accogliendoci con una cena in nostro onore preparatapersonalmente da Adrian (piatto forte: zuppa di pesce allo zafferano),raffinatissimi addobbi nalatalizi scelti da Starly (architetto) e tanta,tanta voglia di conoscerci uno per uno. Parliamo delle nostre vite, delviaggio in Nevada, dell’Italia, dei loro figli lontani. In fin dei conti, ilNatale e’ la festa della famiglia. La tristezza non mi lascia del tutto manon mi assale, prevale la bella sensazione di aver conosciuto delle personespeciali. Pur essendo per loro una sconosciuta mi hanno aperto le bracciaper il solo fatto di essere la nipote di un loro caro amico. Con malizia, avolte si dice che a Natale siamo tutti piu’ buoni… stavolta, la malizia lalascio volentieri fuori dalla porta della casa di Adrian e Starly. ON THE ROAD TO CALIFORNIA“In God we trust. United we stand”. “Under me only one Nation. (Firmato)GOD”. Sono alcuni dei cartelli che leggo durante il viaggio verso la verdeCalifornia, testimonianze di una Nazione che porta ancora inevitibilmente Isegni di una profonda ferita. Per arrivare a San Diego passiamo da Yuma,costeggiando il limite del confine tra Arizona e Messico. In macchina guardoa sinistra, so che dall’altra parte c’e’ un mondo completamente diverso, un’altra Nazione, altre persone, altro modo di vivere. Eppure la terra e’ lastessa. Scioccamente, infatti, mi aspetto che passato il confine con laCalifornia il paesaggio cambi di botto: invece dopo il border ci sono ancoraun paio d’ore di deserto, in cui si passa dalle rocce delle Gila Mountainsalle Imperial Sand Dunes, sconfinate dune di sabbia dove le persone didivertono a fare go kart. Forse, e’ lo stesso anche in Messico… “ Sorry, wemust check your vehicle: in this point the probability of terrorism is veryhigh. We protect you”. L’ultimo cartello che leggo mi ricorda che la feritasanguina ancora.San Diego. CALIFORNIA… HERE WE COMEDopo un viaggio alla “Little Miss Sunshine” (camper enormi che si muovonolenti nel nulla, motel squallidi uno accanto all’altro, umanita’ abbrutita)finalmente si aprono le Verdi vallate della California, molto simili alpaesaggio italiano. Qualcosa di familiare intorno non mi dispiace, anzi,rilassa la vista. Prima tappa Coronado, un delizioso quartiere di San Diegodove ci accoglie Stephany, un’amica di Marta. Anche qui, ritornal’ospitalita’ Americana: pur conoscendo solo Marta, Stephy ci porta in girofacendoci vedere dei posti meravigliosi, ci racconta la vita locale, ciregala il primo meraviglioso tramonto sull’oceano, ci ospita in una megavilla immersa nel bosco. Ci godiamo il Balbola Park, che ospita Ipadiglioni in stile spagnolo costruiti per un’esposizione panamericana del1919, il Downtown con I suoi grattaceli, la Old city con le sue casine ad unpiano. Chiudiamo con un rilassantissimo e caldo idromassaggio notturno inuna Jacuzzi all’aperto tra alberi, fiori e ruscelli… thank u San Diego!!!Santa Barbara. SURFING IN USALasciamo Stephy alla volta di una tipica cittadina di mare californiana. E’pulita ed ordinata, con un molo ben attrezzato di ristoranti e shops che siallunga per molti metri nell’oceano. In giro si vedono I tipici ragazziamericani che d’estate sfoderano tavole e fisico tra surf, kite, wind etcetc.; per ora fanno shopping lungo State Street, la Via del Corso locale(peraltro piena di negozi decisamente kool) . Cerchiamo la spiaggia, e’ dicembre e non e’ caldo, ma il richiamo dell’acquae’ irresistibile: via la scarpe, la pelle assapora prima l’umida sabbia poiil freddo, freddissimo oceano. Gli occhi seguono lentamente la massad’acqua compatta che forma le onde, la mente immagina tavole da surf chescorrono velocissime sopra quel tappeto inconsistente. Le orecchie ascoltanoI gabbiani, l’olfatto gode del profumo dell’oceano: l’infinito blu davantia me e’ pura poesia. Morro Bay. NEW BEGINNINGS, SERENITYPace, serenita’. Non so cosa sia successo di preciso a Morro Bay, ma per mee’ stata una sosta particolare. Un piccolo, piccolissimo villaggio dipescatori, con una piccola, spiaggia, con un piccolo porto che mi haregalato una calma infinita. Davanti a me una roccia alta 175 metri, uno deinumerosi picchi vulcanici della California, il Morro Rock. Forse la mia pacederivava proprio da quella roccia, serafico risultato della forza esplosivadella Terra. Come se in quel luogo tutto si fosse gia’ compiuto, senzabisogno di ulteriori sforzi. Come se la natura mi stesse dicendo che e’inutile affannarsi, tutto e’ gia’ deciso, ed e’ gia’ deciso per il meglio.Sono entrata in un negozio, ho preso in mano due Blessing Rings, ho lettol’augurio che portavano: new beginnings, serenity. Da quel giorno sono conme, ci voglio credere. San Simeon. VENDI BENE QUEL POCO CHE HAITappa obbligatoria quella delll’Hearst Castle, la magione costruita sullecolline californiane di fronte all’oceano da William Hearst, tycoon neglianni d’oro di Hollywood. Per arrivarci ci arrampichiamo sulla costa,puntando l’enorme villa che si vede anche dalla spiaggia. La parte esternarichiama l’architettura spagnola ed italiana del ‘500, non male per essereuna costruzione Americana. La vista e’ spettacolare, abbiamo la fortuna digoderci il tramonto immaginando personaggi come Cary Grant, Marylin Monroe eWinston Churchill muoversi tra la piscina e I campi da tennis (cosa chehanno fatto davvero). L’interno e’ un’accozzaglia di stili, dall’italiano,allo spagnolo, passando per l’anglossasone ed il gotico: sostanzialmenteWilliam ha voluto creare una casa museo dove esporre la sua collezione diopere d’arte europee e nella quale accogliere gli amici. Per un italiano lacasa risulta difficile da digerire, si salvano solo gli arredi d’epoca, maper un italiano con la voglia di scoprire gli USA e’ fantastica. Davvero siriesce ad assaporare la bella vita dei divi e delle divine, anche grazie alvideo sul tycoon che mostra fotorafie d’epoca. Un video, peraltro, dalcontenuto labile ma montato molto bene, con una bella fotografia proiettatosu mega schermo, cosi’ grande non l’ho mai visto. Come ci dice un’americanafiglia di italiani: “in America manca la cultura dell’Italia ma, adifferenza vostra, il poco che hanno gli americani lo sanno vendere bene”. Big Sur. THE BIG SIRPer arrivare a San Francisco prendiamo la panoramica Highway 1 che presto ciporta in uno dei posti piu’ belli di questo Stato: il Big Sur. Miglia emiglia di rocce a picco sul mare, insenature, piccole spiagge, scogliscenografici. Ad ogni curva si apre un paesaggio diverso, gli occhi nonsanno dove posarsi, e’ tutto incredibilmente emozionante. Con piacere sisfalda lo sciocco mito della California sole&muscoli&surf: qui c’e’ moltomolto di piu’, la natura e’ drammaticamente potente, l‘uomo quasiinesistente al confronto. Ci fermiamo ad osservare uno spettacolomeraviglioso: una cascata a picco sulla spiaggia di una piccola baiacontornata da acque Verdi, poi azzure, poi blu. Facciamo qualche altromiglio ed ecco il parco delle sequoie rosse, ci infiliamo tra gli arbustialtissimi alla ricerca di altre cascate tra le rocce… andiamo ancora avantied incontriamo il Bixby Bridge, uno dei ponti a campata unica piu’ alti delmondo… Ok, va bene California = surf & frankiegoestohollywood… ma lasorpresa vera e’ California = the Big Sur.San Francisco. SENTIRSI A CASABoh, sara’ perche’ e’ una citta’ in cui il quartiere italiano e’praticamente centrale o perche’ ero la’ con mio zio, o perche’ ho incontratodegli amici italiani di Marta… ma io a SF mi sono sentita a casa. E’difficile da descrivere, e’ una citta’ con un’energia speciale, la senti apelle appena ci arrivi. Dalla zona dell’Embarcadero a Little Italy, aGhirardelli Square le case sono piene di arte, di musica, di colori, diprofumi, persino I grattacieli sono accoglienti. Una citta’ che raccoglietutti I tram storici del mondo e li rende il proprio sistema di trasporto,che porta a spasso le persone in cable car in cui si viaggia attaccatiall’esterno, che lascia dipingere le proprie abitazioni, che ospita musicaed arte ad ogni angolo… e’ semplicemente e grandiosamente creativa. Lepersone sono gentili e bendisposte, forse perche’ e’ un posto molto sicuro,del resto di fronte c’e’ Alcatraz, a memoria che il male, volendo, si puo’tenere lontano. C’e’ molta vita, I ragazzi che abbiamo incontrato sonoentusiasti, certo, nessuno nega che sia difficile stare la’, ma il futuroc’e’ ed e’ visibile, esattamente quello che a volte mi manca in Italia.Un pezzo di cuore a San Francisco lo lascio volentieri, magari prima o poime lo vado a riprendere…Los Angeles. VOLER TORNARE A CASAMumble mumble, mi e’ piaciuta, non mi e’ piaciuta… non saprei. In effetti,ho visto poco e sotto la pioggia, ma qualche idea me la sono fatta. Ok peril Downtown (effettivamente la parte piu’ kool e da me meno vissuta), okBeverly Hills e Rodeo Drive, ok Griffit Park, decisamente NO ad Hollywood(sporca, brutta, assolutamente al di sotto di qualsiasi aspettativa). Ok aSanta Monica, molto molto carina. NO al traffico, infernale. Insomma, standola’ non vedevo l’ora di tornare nel deserto… Scottsdale, Phoenix. ESSERE A CASAIl viaggio sta per finire, sono a casa di zio. E’ stato bellissimo ripassareil confine tra California e Arizona e riconoscere il deserto. E’ statobellissimo sentirlo familiare. E’ stato bellissimo arrivare a casa, nel miopersonal canyon e trovare di nuovo zio, che non finiro’ mai di ringraziareper quello che mi ha regalato consentendomi di fare questo viaggio. Grandeuomo di saggia intelligenza, prevedendo la nostra tristezza ha pensatoall’ennesima sopresa: ore 18 del 7 gennaio, una limousine viene a prenderci,direzione US Airways Center. Si gioca la partita NBA Phoenix Suns controDenver Nuggets. Ore 19 buio nello stadio. 30 secondi di silenzio poi tuttosi illumina di arancione (il colore dei Suns). Benvenuti nel Planet Orange.Entrata trionfale dei giocatori in campo, inizia il match. Mi godo lapartita alla grande, conoscendo il basket (grazie ricky!!) seguo tutto e midiverto come una matta. Musica, show, dance, queste partite sonoun’esperienza sensoriale. Vincono I Suns, lo stadio esplode. Scottsdale, Phoenix. L’ULTIMO GIORNONon l’ho ancora vissuto. Ma non lo terro’ nella memoria, sara’ sicuramenteed inevitabilmente triste. Chiudo con la colonna sonora dei tramonti nel deserto“and the sun will set for youthe sun will set for you and the shadow of the daywill embrace the world in grey and the sun will set for you”Linkin Park, Shadow of the day rocce blu cobalto, cielo striato di rosaAnd freeze

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